E’ successo ad una studentessa in Malesia. Il motivo del divieto di accesso alla biblioteca: “linee di reggiseno visibili”.
La studentessa malese Syarifah Amin trasportava libri di legge del peso di quasi 4 kg quando è arrivata presto alla Biblioteca di Kuala Lumpur il 12 agosto. Era ansiosa di iniziare a studiare, ma ha incontrato un ostacolo prima di poter iniziare.
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“Coprili con un maglione”, le dissero la receptionist della biblioteca e una guardia di sicurezza. Arrabbiata e frustrata, ha la studentessa ha scritto quella stessa mattina su Twitter: “Se non indosso il reggiseno, si vedrebbero i miei capezzoli. Comunque, l’ho detto alla guardia e alla receptionist. Sono venuto qui per studiare “.
Le reazioni su Twitter
Molti sui social media hanno mostrato supporto per Amin. “Assurdo che tu abbia dovuto sopportare tutto questo. Inquietante ossessione per il controllo del corpo delle donne, il modo in cui ci vestiamo. Sono contento che tu abbia respinto (ma frustrante che tu abbia dovuto farlo in primo luogo) “, ha twittato uno. “La gente ama far vergognare le donne pubblicamente in questo paese, proteggendo la cosiddetta modestia sulla decenza e il rispetto di base”, ha scritto un altro.
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“Vorrei che le persone tenessero per sé i propri giudizi e si concentrassero invece su questioni reali in questo paese”, ha twittato un altro.
Reggiseno, questione di cultura?
Il reggiseno ha svolto un ruolo culturale che trascendeva la funzione e la forma molto prima che l’hashtag fosse utilizzato nei social media. Già nel 1873, la prima autrice femminista statunitense Elizabeth Stuart Phelps invitò le donne a bruciare i loro corsetti in nome dei diritti delle donne.
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