Il lockdown per i bambini è stato un vero toccasana. Pediatra: bambini più sereni e sani

Il “dolce” lockdown dei bambini: sempre con mamma e papà, più sereni e più sani (parola di pediatra)
Con il covid, sono diminuiti i casi di varicella e morbillo, in più c’è stato un maggior controllo sui farmaci per le allergie. I più piccoli hanno anche imparato comportamenti virtuosi e accresciuto il loro senso di responsabilità. La parola ai pediatri.

Nella storia non era mai successo prima: per due mesi (e forse più) 24 ore su 24 bambini chiusi in casa. Senza amichetti, nonni, scuola, giri in bici e passeggiate al parco. Sempre con mamme e papà che finiscono inevitabilmente per stare sotto pressione: all’improvviso nuove regole da inventarsi e da far rispettare, tempi e spazi da conciliare. Bisogna spiegare cosa si può e non si può fare per colpa del virus. Senza aiuti, con tutte le difficoltà che ne conseguono.

E lo stesso ovviamente vale per i figli. Prima un po’ spaesati, poi sempre più a loro agio. Resilienti, come è normale alla loro età. Ma anche perché alle fine non è tutto così male questo lockdown. A casa, almeno per la maggior parte dei bimbi, c’è tutto quel che può servire. E anche di più. Ci sono tante cose che nella vita cosiddetta normale non c’erano. Ore passate coi genitori, più tempo a disposizione per le passioni: videogiochi o fumetti, serie tv o attività manuali. E poi pasti generalmente più curati, sicuramente più personalizzati. E ancora qualche concessione normalmente inedita: un’ora un più alzati la sera a vedersi a televisione, una merenda extra. Non è la vita ideale, questo no. Ma non è nemmeno così male, tanto più che di alternative non ce n’erano. E alla fine non tutta la quarantena è venuta solo per nuocere.

Ne abbiamo parlato con gli esperti, i pediatri che ai tempi del covid hanno visto cambiare le famiglie, in molti casi anche migliorare.

Alberto Villani è responsabile della Pediatria Generale e Malattie Infettive del Bambino Gesù, presidente della Società Italiana Pediatria (Sip) e fa anche parte del comitato di tecnici voluto dalla ministra Azzolina. “Ci sono sicuramente aspetti positivi. In alcune realtà, e ovviamente dipende dallo status sociale, è stata sicuramente un’opportunità per stare più tempo insieme ai genitori e per imparare comportamenti virtuosi. Basti pensare a quanto è stato importante insegnare ai bambini l’attenzione all’igiene personale, al lavaggio delle mani, all’aver cura di se stessi, al rispetto della distanza personale. Essere stati meno esposti al contatto con gli altri, quindi al contagio è stato un vantaggio. Dall’altra però ci sono stati anche ritardi nelle diagnosi per la paura di portare i bambini in ospedale. Credo che alla fine di tutta questa storia debba rimanere il fatto che il pronto soccorso deve essere usato solo nel momento del vero bisogno, e che il ricorso allo specialista venga regolato da effettive necessità e gestito con altissima professionalità”. Non vanno però nascosti comunque i problemi che ha dovuto affrontare chi ad esempio era già a contatto con la patologia. “C’è stato un forte disagio per chi ha figli con disturbi del comportamento, che hanno sofferto in maniera terribile questa situazione con pochissimi aiuti. Poi ci sono un milione e seicento mila soggetti in età evolutiva che in Italia vivono in povertà, anche culturale ed educativa: in queste condizioni la situazione si è ulteriormente aggravata. Il coronavirus è stato come una cartina tornasole per farci capire che i bambini esistono e che dobbiamo occuparci di loro”.

Molti bambini “grazie” al covid hanno iniziato la loro vita in modo totalmente diverso rispetto al passato. “L’unione forzata del nucleo familiare – dice Francesco Raimondi, ordinario di Pediatria e responsabile della Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Federico II di Napoli – ha avuto sicuramente un effetto positivo sulle nuove famiglie che si sono costituite attorno ad un neonato. In Italia il congedo parentale non ha mai dato ai neo papà questa possibilità. Alcune figure professionali non riescono neppure ad usufruirne. Il lockdown ha costretto tanti neo papà a restare a casa. E questo è oggettivamente un aspetto molto positivo. Io stesso l’avrei apprezzato molto quando i miei figli erano piccoli. Il virus ha però anche ingenerato un ingiustificato timore. Il covid non ha una predilezione per la popolazione pediatrica e neonatale in particolare, ma ha creato nei genitori un senso di insicurezza ingiustificata. Durante il lockdown sono nate nuove famiglie con più tempo per i neonati ma anche più timorose. Il nostro compito è rassicurare mamme e papà. Questa angoscia è più che mai giustificata per le persone a rischio, per gli anziani, ma non per i neogenitori o per i neonati. Per una nuova famiglia deve prevalere il momento di gioia: con il covid hanno avuto tempo in più a disposizione per riconoscersi come nuovo nucleo famigliare”.

Nelle famiglie che già c’erano invece molti bambini, grazie al lockdown, si sono ammalati di meno, soprattutto nella fascia di età della scuola materna.

Piercarlo Salari è pediatra a Milano, e responsabile del gruppo di sostegno alla genitorialità della Sipps (Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale).

“Credo sia importante anche dare un segnale positivo ai genitori in merito a tutti i sacrifici fatti fino a qui. Ci sono aspetti comunque positivi arrivati da questa pandemia. Ci sono stati per i bambini alcuni vantaggi fisici. La riduzione del contatto sociale ha comportato anche una riduzione delle infezioni che circolano anche e soprattutto in questo periodo dell’anno. Penso ad agenti virali, malattie infettive classiche, varicella, morbillo pertosse; si è ridotta l’incidenza delle classiche infezioni da comuni patogeni. Ci sono stati casi di raffreddori, tosse, ma a causa di situazioni contratte con altre modalità, non per contatto con il compagno di scuola. C’è stato un miglior controllo delle allergie: i sintomi compaiono sempre, ma il fatto di stare più tempo al chiuso, in una situazione protetta ha ridotto l’entità della sintomatologia e ha permesso ai genitori di intervenire meglio nel controllarla, nella gestione dei farmaci e nel monitoraggio del controllo clinico. È successo anche per le malattie più impegnative: lo stretto controllo dei genitori ha consentito una gestione più accurata e accorta, anche nel riportare al pediatra sintomi e sospetti. C’è stata una massima allerta che ha permesso di non sottovalutare eventuali disturbi”.

Anche dal punto di vista psicologico, questo periodo di clausura ha avuto i suoi effetti, in molti casi positivi.

“I rapporti intrafamiliari sono stati rivalutati – continua Salari -. Le figure genitoriali hanno riacquisito ruolo e rispetto. Anche l’amore per gli animali domestici è cresciuto e ha trovato spazio nella vita di tutti i giorni; è stata stimolata la fantasia per ideare giochi, attività motorie, giochi creativi che univano desiderio di usare il corpo e di percepire la fisicità con obiettivi originali. Poi c’è stata la scoperta di hobby: piantare semi, curare una piantina. Il fatto di osservare in generale e apprezzare la natura, il cambiamento di stagione. Ancora a livello psicologico i messaggi di invito alla solidarietà hanno avuto un forte impatto sui bambini che non dimentichiamolo, sono altruisti di natura. Questa percezione di bisogno di unità e collaborazione, è molto importante per i nostri figli, li aiuta a crescere, a sviluppare il senso di responsabilità che hanno rispetto agli altri. Il messaggio di dover stare chiusi per forza in casa farà apprezzare loro ancor di più il senso di libertà. Da questa esperienza impareranno a gestire meglio i conflitti in casa, a relazionarsi con rispetto nei confronti dei genitori e del loro tempo, impareranno anche qualcosa in più su di loro, sulla dedizione che mettono nel loro lavoro. Sull’importanza degli impegni presi. A livello comportamentale, oltre alle norme di igiene, è stata un’occasione per comprendere l’importanza il rispetto degli orari, all’organizzazione del lavoro, della giornata. È cambiato anche l’utilizzo della tecnologia: il fatto di dover usare pc, smartphone per scopi scolastici ha dato una maggior dignità a questi strumenti. Hanno smesso di essere solo mezzo di evasione e sono diventati strumenti per crescere, per imparare cose nuove, per mantenere il contatto con gli altri”.

Per un quadro generale è fondamentale però la puntualizzazione di Daniele Novara pedagogista, counselor e fondatore del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti.

“Da tecnico posso dire che l’eccesso di vicinanza tra genitori e figli non è mai positivo, soprattutto a partire dal terzo anno, è l’età in cui i bambini devono cercare di andare in giro per il proprio mondo, a scuola, per staccarsi dalle figure parentali. È la teoria classica, a cui io mi sono sempre ispirato. Ovviamente quello che è successo in questi mesi è un inedito assoluto. Una cosa così non ha precedenti nella storia della famiglia. Oggi ci siamo in mezzo e non siamo ancora in grado di capire quali effetti avrà questa convivenza forzata. Dal mio osservatorio vedo prevalentemente una certa difficoltà da parte dei bambini e soprattutto da parte degli adolescenti a sostenere il lockdown, e una vicinanza troppo stretta con i genitori e soprattutto con la mamma. Un rischio che si correva già prima, ne parlo nel mio libro Organizzati e felici: questa è la generazione che ha una vicinanza, una amicalità e una confidenza con i genitori mai viste. Abbiamo una pletora di genitori psicologi dei propri figli ma con scarsa capacità educativa. Spero che questa chiusura forzata in casa sia servita a costruire una giusta distanza, ad evitare una simbiosi eccessiva che impedisce la crescita, l’autonomia, lo sviluppo della capacità del bambino. Iperaccudimento e iperprotezione hanno conseguenze pericolose per le autonomie dei bambini. Bisogna mantenere la giusta distanza emotiva, organizzare la giornata con momenti definiti, spazi per stare insieme e spazi anche per stare da soli”.

Fonte: Huffpost
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